Succede a Roma, in pieno centro. Sotto gli occhi di tutti. Un funerale e siamo sulla stampa internazionale, li’ in prima pagina.
Muore il boss Casamonica, l’ 80% dei suoi proventi illeciti era dato dal traffico di stupefacenti, poi la ricettazione, il riciclaggio e il sequestro di persona. Non si è fatto mancare nulla. Nemmeno il giorno del suo trapasso.
La sua bara arriva in chiesa trainata da 6 cavalli neri, la banda intona le note del “padrino”, a terra qualcuno ha pensato di cospargere fiori, dal cielo un elicottero getta petali di rosa. Il cielo di Roma non è sorvolabile senza autorizzazione.
Uno striscione la fa da padrone e recita ” Re di Roma”.
Certo in un Paese alla deriva non ci si meraviglia più di nulla, o quasi.
Ma ci si indigna. E siamo in tanti ad esserlo: indignati.
Come e’ possibile che nessuno sapeva? Come e’ possibile che venga celebrato un funerale mafioso/show? E’ caduta l’attenzione delle forze dell’ordine. Questo e’ certo. Perché se muore un boss e gli inquirenti non lo sanno e’ grave.
C’è la testimonianza di un cittadino romano che dice che già la mattina quella zona era vietata al transito con tanto di vigili presenti a far cambiare strada alle auto.
Quindi non è vero che nessuno sapeva.
Ci sono responsabilità e vanno appurate.
Il figlio del boss morto, agli arresti domiciliari, ha ottenuto l’autorizzazione dal tribunale per partecipare al funerale del padre. Allora si sapeva, non si è evitato e ora si grida allo scandalo.
Bufera. Tempesta si abbatte sulla capitale.
Adesso il sindaco di Roma chiede al Viminale , il Viminale chiede al Prefetto, il Prefetto chiede a maga Circe…Pantomima di un Paese fuori controllo.
Ma quello che nessuno ancora dice e’ che quello, più che un funerale con sfarzo e tarantelle, e’ stato un messaggio. Un messaggio lanciato forte, chiaro e alla luce del giorno.
Il messaggio pressappoco dice: “la mafia c’è, noi ci siamo. Non abbiamo paura delle istituzioni e facciamo quello che ci pare. E pure come vogliamo noi”
Tuona la mafia attraverso un funerale, irrompe a gamba tesa, spezza quel silenzio istituzionale, il cui livello di attenzione sulle mafie e’ calato,beffeggia lo Stato.
Il New York Times, stamattina, in prima pagina scrive ” adesso il boss conquisterà il paradiso”
Onestamente poco mi interessa se Vittorio Casamonica siedera’ alla destra del Signore , sulle gambe di San Pietro o se è’ già a braccetto con Lucifero.
Il dato oggettivo e’ uno. Un morto ha sfidato lo Stato e ieri ha vinto la battaglia di una guerra impari. Il messaggio e’ passato e lo Stato ancora deve capire da dove deve iniziare per appurare responsabilità.
Quindi la domanda e’ una sola. Come stanno le istituzioni sui territori? Semplicemente non ci stanno.
E non ci stanno perché più si ritrae lo Stato e più c’e’ un accordo tacito tra Stato e mafia.
Vergogna, biasimo, stupore e forse anche disprezzo.
Se il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, non riferirà in Parlamento farebbe bene a riferire a casa propria e in modo definitivo. Lasciasse le istituzioni perché oggi più mai si chiede integerrima moralità.
Non ci si può sedere su una poltrona di un ministero e guardarsi lo spettacolo. Per quest’ultimo ci sono le poltrone dei teatri, o a secondo dei soggetti quelle del circo.