Giuseppina Torregrossa nasce a Palermo nel 1956. Laureata in medicina presso l’Università “LaSapienza” di Roma e specializzata in ginecologia ed ostetricia, è madre di tre figli e vive tra la Sicilia e Roma.
Nel 2007 ha pubblicato il suo primo romanzo “L’assaggiatrice”. Per Mondadori ha pubblicato quattro romanzi: “Il conto delle minne”, “Manna e miele, ferro e fuoco”, “Panza e prisenza” e “La miscela segreta di casa Olivares”.
Con grande disponibilità ha risposto ad alcune nostre domande.
Quanto di autobiografico c’è nei suoi libri?
L’autore attinge sempre al proprio vissuto. Le storie nascono nell’anima e perciò i riferimenti autobiografici sono inevitabili. Non racconto però avvenimenti o fatti realmente accaduti, mi riferisco di solito a un sentimento autentico che è il mio modo di percepire la realtà.
Qual è stata la molla che l’ha spinta ad intraprendere la carriera di scrittrice accanto a quella di medico?
Le cose avvengono per caso. Ho sempre scritto fin dall’infanzia, poi qualcuno ha deciso di pubblicarmi.
Quanto ha influito la sua professione nello scrivere?
Moltissimo. Come potrei altrimenti conoscere un universo femminile così variegato e ricco di sfaccettature?
Ha davvero avuto un rapporto così intenso con sua nonna come descrive ne “Il conto delle minne”?
No, ma ho molto apprezzato, specie da grande, i talenti delle mie nonne.
Quali sono state le donne più importanti della sua vita?
Mia madre, Lalla un’amica che non c’è più e della quale sento molto la mancanza, Tina Anselmi, Nilde Iotti, Goliarda Sapienza.
Lei da molti anni vive a Roma. Ha scritto che “questa è una terra dalla quale si può solo provenire”, ma in realtà, se potesse, ritornerebbe a vivere a Palermo?
Ho desiderato tornare a Palermo per tutta la mia vita. Negli ultimi tempi non ci vado neanche in vacanza, tale è la delusione e l’orrore per il degrado della città e l’inettitudine dei miei concittadini.
Quanto ha influito nella sua vita la sua “sicilianità”?
C’è un sentimento nobile e una partecipazione appassionata alla vita e alle vicende dell’umanità che potrebbero essere espressione della sicilianità. Ecco io partecipo alle vicende dell’umanità con passione, mi sforzo di essere empatica con le altre donne, cerco di tendere verso qualcosa di elevato. Poi, proprio come la maggior parte dei siciliani, non ci riesco.
Le protagoniste dei suoi libri sono donne artefici del proprio destino, donne forti. Pensa che oggi il ruolo della donna sia pienamente valorizzato?
No, la donna rimane sempre un passo indietro, talvolta è colpa della società, talvolta è colpa nostra.
Quali insegnamenti, tramite i suoi libri, ritiene possano essere recepiti dai giovani d’oggi?
Ecco riguardo agli insegnamenti non saprei cosa dire, non ho la pretesa di insegnare, semmai di intrattenere.
CECILIA CATALANO