VINCENZO SAMMARTANO – Il 9 Dicembre, giorno dell’Immacolata, ho preso parte alla classica 15km che, in Olanda, chiude la stagione delle gare podistiche: la Bruggenloop di Rotterdam.
12 mila runners. Un’atmosfera incredibile tra i grattaceli ed i ponti della città olandese. Lungo il percorso tanta musica e tante famiglie. I bambini sempre pronti ad allungare la mano per dare “il cinque” e ad incitare i runners, storpiando talvolta i nomi scritti sulle pettorine.
Non sono un runner professionista e quindi non mi soffermerò sull’aspetto sportivo. Mi piace correre. Fa bene alla salute. E poi, è sempre una soddisfazione arrivare al traguardo e ricevere la medaglia ricordo.
Mi soffermerò invece su alcune considerazioni che ho fatto durante e dopo la gara.
Il km 10 del percorso di gara, si trova nel punto più alto del ponte Van Brienenoordbrug. Guardo indietro e da quella posizione mi rendo conto che gran parte del percorso si articolava tra le piste ciclabili della città. Cerco di ripercorrere in mente il percorso che avevo fatto sin a quel momento. Era proprio così. 12 mila runners stavano correndo la famosa Bruggenloop, per lo più su una pista ciclabile.
Nonostante già da anni vivo e lavoro nel nord Europa, mi è rimasta impressa nella mente l’immagine di quell’enorme serpente fatto di persone che correvano sulle piste ciclabili collocate tra la strada ed il marciapiede. Come un flash, mi ritornavano in mente gli allenamenti che sostenevo a Marsala quando, da arbitro di calcio, mi preparavo per la stagione agonistica. Allenamenti sostenuti a bordo strada. Tra le macchine e la sterpaglia. Perche nelle strade di periferia i marciapiedi non esistono. Figuriamo le piste ciclabili.
Successivamente alla gara, riflettevo sul fatto che, alla base di ogni infrastruttura o meglio un insieme integrato di infrastrutture, c’è la capacità di saper anticipare i tempi, insieme ad una buona programmazione.
Per chi magari non ha del tutto capito il paragone, voglio precisare che non sto mettendo su uno stesso piano due realtà completamente diverse tra loro. Voglio invece paragonare la visione e la programmazione che hanno trasformato molte città del nord Europa, mentre nello stesso arco di tempo (se non maggiore), le nostre società sono rimaste imbalsamate. Completamente ferme.
Mentre gli altri parlavano di “futuro”, noi evidentemente parlavamo di altro. Non avendo avuto una visione politica ed una programmazione seria, oggi siamo costretti a vivere in continue emergenze, frutto di quello che (non) abbiamo programmato 30 anni fa. Lo stato delle scuole del territorio. Tema molto caldo di questi giorni. La viabilità (in)sostenible. La mancanza di un piano integrato dei trasporti o un di un piano energetico.
Alla fine, non devono farci preoccupare le distanze infrastrutturali, che con una giusta programmazione, si possono ancora recuperare. Bisognerebbe invece preoccuparci molto di più per quello che definisco una diversa velocità di pensiero tra noi e coloro che ogni anno ricevono a costo zero migliaia di giovani laureati, formati nelle scuole e nelle università italiane. Capitale umano che, trasferendosi temporaneamente o permanentemente, impoverisce sempre più il livello di conoscenza del sistema Italia.
Non è più il tempo di nasconderci dietro un dito. Il presente è purtroppo in parte compromesso. Bisognerebbe ritornare a parlare di futuro. Bisognerebbe ricominciare a programmare nel breve e nel lungo periodo. Per evitare che i nostri figli ed il nostri nipoti continuino a vivere in una sorta di “io speriamo che me la cavo” in versione nazionale.