DAVIDE LICARI – A Palermo, in questo 8 marzo 2022 segnato dagli echi di guerra a est, il tempo appare variabile e passa da un effimero grigio cupo, dovuto alle piogge accarezzate dal vento, al calore del sole battente che luminoso splende su Piazza Verdi e illumina il Teatro Massimo dove decine di donne e uomini sin dalla mattina si sono assiepati con cartelli in mano e grinta da vendere per manifestare in favore dei diritti delle donne e di tutte le soggettività, invocando la fine dei conflitti in Ucraina e laddove sussistano guerre. I cori sferzano l’aria, i sorrisi si allargano sui volti, ma lo sguardo delle manifestanti è determinato, questa non è una giornata di festa bensì di lotta. “Insieme siam partite, insieme torneremo, non una, non una di meno!” urlano a pieni polmoni. La manifestazione, organizzata dal nodo palermitano di Non Una di Meno, alla quale hanno aderito realtà sociali come Usb, Cobas, Ciss, Palermo Pride e Scirocco Pride, ha avuto inizio alle 09:30 nella piazza antistante il celebre teatro palermitano e nonostante il cielo minacciasse pioggia imminente in molte e in molti sono scesi in piazza portando i propri corpi e le proprie voci, unite e uniti in un coro fragoroso a sostegno della lotta, o forse sarebbe meglio specificare “delle lotte”, per i diritti delle donne, contro lo sfruttamento in ogni sua forma, contro l’oppressione femminile che passa anche per una più equa redistribuzione del lavoro di cura, oltre che per il riconoscimento di un giusto salario e di condizioni lavorative che non costringano le donne a dover scegliere tra lavoro e famiglia rinunciando alla propria autonomia economica e sociale.
La parola d’ordine della manifestazione pertanto è “L’otto ovunque”, e vuole essere esortazione a combattere per la propria autodeterminazione in ogni sede, in ogni luogo, in ogni tempo. Davanti ai cancelli in ferro battuto del Massimo, dove un drappello di musicisti dell’orchestra prende posto per eseguire una partitura, sono appesi due striscioni che esortano alla solidarietà nei confronti dei popoli oppressi e invitano alla lotta in ogni dove per condurre uno “sciopero globale transfemminista”. Per terra diversi cartelli lanciano slogan: “Vogliamo essere libere di camminare per strada senza paura!”, “Né devote, né sottomesse ma libere!”, “Proteggi tua figlia, educa tuo figlio!”. La forte pioggia si abbatte sulla manifestazione e costringe le manifestanti a cercare riparo sotto la pensilina, schermata dalle fitte fronde degli alberi, ma questa volta non ci sono le cetre appese ai salici bensì i megafoni carichi di rabbia e lì si susseguono al microfono diversi interventi delle associazioni che hanno appoggiato lo sciopero globale. Alcuni studenti liceali leggono testi e poesie, “Ti meriti un amore” di Frida Khalo, “Poesia sullo stupro a Missoula” di Marge Piercy, “Il secondo sesso” di Simone de Beauvoir, “Sei bella” di Angelo De Pascalis. Le donne dello Spazio donne Zen intervengono per chiedere maggiori servizi, spazi di socializzazione e confronto. Raccontano al microfono dei laboratori di artigianato, di teatro, e chiedono di essere incluse nella realtà cittadina. Al microfono la signora Concetta del quartiere Zen, ammantata in una fiabesca mantellina rossa, legge una splendida poesia dedicata a una immaginaria figlia, metafora della donna che sta per spiccare il volo nella vita; le chiede di trovare l’indipendenza, di studiare e trovare lavoro per non dipendere da nessuno, e la esorta a seguire il cuore e a vivere le sue emozioni, a ballare e a divertirsi, anche a soffrire: “Le cose belle hanno un prezzo, ma non sei costretta a stare male, combatti, e se non puoi combattere scappa e chiedi aiuto. Questo mondo non ha bisogno di altre donne martire, ma di eroine”.